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ciaffóne
Lemma d'uso toscano, appare come corruzione di «ceffone»= violenta percossa sul volto; è inequivocabile l'ascendenza al termine «céffo » che connota il sembiante animalesco e, per estensione, la grottesca defor mazione di quello umano non disgiunta da un certa bassezza d'animo o di istinti.

In area livornese si attribuisce al 'ciaffòne' un senso di aggressività misurata, un popolare atto di violenza che ben si riferisce al «...cavalleresco schiaffo all'origine di mille disfide e contese tra gentiluomini e personaggi di rango, quali ce ne riportano le cronache dell'antichità e i grandi fatti della istoria delle genti... » (cfr.EUPOMPO GOVILLO-BOMBULÉ, Come ci si picchiava una volta-Dagli Ittiti alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente, Bellinzona 1877).13

Come sovente accade nella fonetica labronica sembra prevalere anche in questo caso la suggestione onomatopeica con la quale si propone il suono ciàf assimilabile, secondo il Grattugia, a quello di «colpitura di mano aperta su le gòte o qual Ginetto facea di Sofonisba sull'opulente chiappe allora che la cogliea china al lavatoio de' panni sul Fosso Reale... » (cfr. ALIPIO CATASTINI detto IL GRATTUGIA, E ciffete e ciaffete - Divagazioni intorno alle costumanze galanti delle lavandare livornesi, Cambridge 1667).

Nel lessico corrente, poi, non deve essere trascurato il tòpos comportamentale che dà luogo alla ben nota locuzione da filobusse (v. Borzacchini Universale, cit.): «Giovane, se 'un la smette ni dò un ciaffòne...! ingenerata dalla involontaria confricazione, nella ressa del mezzo di trasporto, di parti del corpo di persone di sesso opposto a forzoso contatto durante le frenate del mezzo in questione; d'altronde tale Rutilio Pietracaprina, detto «Uccellaccio », assiduo frequentatore di filobus sulla linea di Montenero, non faceva mistero che in certe vicende tranviarie la cospicua massa del suo apparato genitale gli aveva procurato, sì, diverse minacce di quel tipo e anche qualche passaggio a vie di fatto, ma sopratutto occhiate di gratitudine da parte di numerose spose, alcuni sostanziosi abbricchi e almeno tre fidanzamenti in casa.

Infine il Ventavoli, noto matematico minimalista e scopritore del teorema che il tre nell'otto ci sta largo, fa notare con la consueta sagacia, tipica dello scienziato aduso all'assunzione di ponci mattutini, che il ciaffòne è di norma unico e non ripetibile, come altre percosse, in batterie di numero pari (due schiaffi, quattro schiaffi), probabilmente in virtù della fenomenologia sequenziale che presiede alla rissa alla livornese la quale da luogo ad imprevedibili algoritmi, come quello del Rombolini-Rimediotti: un ciaffòne -du' puntate nella ghigna - sette o Otto gollettoni - agguantatemi, se no lo sciagatto (cfr.VENTAVOLO VENTAVOLI, Matematica divertente e curiosa applicata alla storica zuffa tra Edo Rombolini e Crognolo Rimediotti nel rione del Gigante, in Livorno, quella volta che l'uno strusciò col motorino sul parafango della cinquecento dell'altro che l'aveva presa da poco dal carrozziere tutta riverniciata che pareva nòva, Dresda 1966).




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