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I
il pane e la sassata.
Vigorosa ed altisonante espressione di largo uso toscano ma anche di riconosciuta accezione italiana. Ci piace evidenziare come i due termini si pongano in drammatica contrapposizione (v. anche: 'il culo con le quarantore') per ricreare una condizione esistenziale di scabro ed essenziale disagio quale quello di chi è costretto a subire angherie e vessazioni in virtù d'elementari necessità di sopravvivenza.
Pur non essendo in grado di far riferimento ad alcun fatto storico o della tradizione orale accettiamo volentieri la teoria di Bucciantino Bucciantini, noto castratore di animali domestici del Casentino verso la fine dell'800, che attribuisce la locuzione in oggetto al costume, invero deprecabile ma assai invalso tra i popoli primitivi del Pian di Pisa, di attirare i cani randagi con l'offerta d'un pezzo di pane per poi prenderli a sassate.
Wilfrido Camiciotti-Sudati già esponente della corrente filosofica dei Sadici Sudici di Montenero, ricorda, nel suo volume Cani e natidancani, che questo costume - in area labronica - fu velocemente esteso ai rapporti sociali di contenzioso tra animali di specie diversa e proverbialmente contrapposti, quali suocera-nuora, operaio-padrone, etc., per cui la locuzione «dare il pane e la sassata» passò a denotare un ambiguo ed invero inaffidabile atteggiamento tendente dapprima ad accattivarsi la fiducia di alcuno per successivamente recargli grave offesa o lesione. «Roba da buidiulo...» annota con severità il mi' 'ognato Oreste nel suo ponderoso trattato di antropologia criminale, ampiamente desunto dal Beccaria, dal significativo titolo: Se trovo chi m'ha rubbato la biciretta lo sfaccio a forza di picchi nella ghigna che dopo 'un lo rionosce più nemmeno 'r budello disu 'ma'cane. Ed. Le Sughere 1985.


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